Don Rodolfo appariva di costituzione fisica robusta e altezza media; aveva folti capelli castani, all’occorrenza, portava gli occhiali da vista.
Era uno zelante camminatore: tutte le mattine di buon’ora don Rodolfo passeggiava per la campagna intorno in cerca di erbe curative e alla scoperta di nuovi fiori e piante utili alle cure mediche, con ciò dimostrando la costanza di quell’interesse che si racconta l’avesse spinto a voler o desiderare iscriversi alla Facoltà di Medicina.
La sua camera da letto era in comunicazione con la tribuna della controfacciata sovrastante la navata della Chiesa di Pellaloco, da cui era possibile la diretta adorazione del SS. Sacramento.
Don Rodolfo amava la vita, godeva delle quotidiane relazioni con le persone, gustava il cibo: amava la trippa. Organizzava feste e momenti di ritrovo, per avvicinare le persone tra loro e alla chiesa. Dopo Messa prese a ricevere individualmente a colloquio molti parrocchiani; per salutare questi fedeli, dava loro a volte una carezza o un bacio. Tutti lo ricordano come un uomo buono, paziente e sorridente, anche burlone e scherzoso, eppure allo stesso tempo volitivo, austero e moralmente severo: perciò non ammetteva si entrasse in chiesa in abbigliamento troppo succinto, né – soprattutto – ammetteva che le ingiustizie l’avessero per vinta.
Era un prete ‘carismatico’. Poteva sembrare un sacerdote come tanti: certamente pio, onesto e attivo nel ministero, equilibrato nei rapporti umani, ma non diverso da molti altri preti delle campagne mantovane.
Inoltre ospitava i malati e li rifocillava, benediceva gli indumenti di persone ammalate a chi glieli portava e impartiva volentieri altre benedizioni secondo le necessità dei fedeli. C’era però un tratto speciale, eccezionale, che lo distingueva.
La gente percepiva infatti nella sua persona di prete una forte peculiarità spirituale che la teologia cristiana definirebbe senz’altro ‘carismatica’ e tutti coloro che si rivolgevano a lui per un aiuto, tornavano a casa sentendosi appagati e spesso effettivamente guariti, se prima di visitarlo erano ammalati. Tangibile prova ne è ancora la chiesa di Pellaloco, le cui pareti sono gremite di ex voto a Santa Rita (e molti altri giacciono ammucchiati e impolverati in ripostigli) per grazie che, proprio per la mediazione di don Rodolfo, sembravano essere state ricevute.
Per questo motivo la sua fama contagiava i dintorni e i gruppi di persone che si recavano a Pellaloco divenivano sempre più numerosi, tanto che la sua chiesuola andava trasformandosi in una specie di santuario, meta di veri e propri pellegrinaggi.
Che in don Rodolfo il carisma di guarigione e di penetrazione spirituale non fosse disgiunto da quello massimo della carità è d'altronde provato da come, durante tutto il tempo del suo ministero presbiterale a Pellaloco, egli si sia prodigato anche per il bene materiale dei parrocchiani e del paese intero. Fu infatti sua tenace e costante intenzione quella di farlo progredire culturalmente, innanzitutto per mezzo di infrastrutture e trasporti che lo collegassero ai centri abitati più importanti. Ma non solo: voleva che anche lo stesso paesino sperduto si dotasse di servizi che permettessero ai cittadini di avere tutto il necessario a portata di mano, senza ricorrere ad altri paesi per comprare cibo, trovare lavoro, attingere cultura.
Don Rodolfo, fin dal primo momento in cui si fu insediato a Pellaloco, manifestò di sentire quella parrocchia come la sua casa e gli abitanti come suoi figli e nessuno avrebbe mai immaginato quanto presto la chiesa e le poche e misere case attorno sarebbero risorte a una nuova dignità.
Nel 1952 prese avvio la realizzazione di un asilo da lui voluto. Questo, come molti di altri suoi futuri progetti, furono finanziati dalla famiglia Falck, la famosa famiglia di imprenditori siderurgici di Sesto San Giovanni.
Nel 1954 prese vita il più popolare e ardimentoso progetto per lo sviluppo economico sociale del paese di Pellaloco: fu ideata dal parroco Ridolfi una moderna fabbrica di confezioni maschili, la SLAM. L’inaugurazione ufficiale fu tenuta nel 1962 dopo la morte di don Rodolfo. Questa ospitava fino a centoventi operaie di Pellaloco e dintorni, consentendo loro di lavorare e portare un aiuto economico in famiglia senza allontanarsene e riscattandole in parte dal duro lavoro dipendente nei campi, che le esponeva spesso all’arbitrio dei possidenti.
Un ulteriore progetto di don Rodolfo di aprire una fabbrica maschile per la produzione di scarpe e contenere un numero sufficientemente elevato di operai non andò in porto.
Don Rodolfo avrebbe voluto anche dare alle famiglie della Parrocchia una casa accogliente. L’idea era quella di erigere un vero e proprio villaggio ma a causa dell’improvvisa morte di don Rodolfo il progetto svanì.
Sfumò pure il desiderio di permettere a Pellaloco di essere più facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. Don Rodolfo nel 1955 voleva infatti che sulla linea ferroviaria Verona – Modena fosse istituita una fermata al chilometro 75-857 appunto in località Pellaloco. Il permesso gli fu però negato dal sindaco.
Una sua fedele parrocchiana e amica ancora in vita, Lina, afferma che ciò a cui don Rodolfo più teneva per lo sviluppo della persona era la cultura. Per questo, ad esempio, era capitato che a una vedova avesse dato il denaro per iscrivere il figlio all’università, mentre ad un altro pagò gli studi superiori e ne aiutò altri ad entrare in seminario.
L’operato di don Rodolfo, tuttavia, non poté sempre svolgersi in completa serenità. Pare, dalla testimonianza di alcune cugine, che all’inizio fosse stato mandato nella sperduta Pellaloco perché il Vescovo era invidioso dei suoi carismi. Fin dai primi anni di apostolato fu più volte accusato di non saldare i suoi debiti, oppure di mantenere un comportamento poco austero e sconveniente all’abito clericale in feste paesane e altri momenti di gioia condivisa. Ma le accuse più malevole scoccarono quando don Rodolfo iniziò a beneficare significativamente parrocchiani e gente che anche da lontano si recava da lui per consigli o richieste di guarigione. Don Rodolfo infatti, sia per le sue nozioni di medicina, sia per il dialogo continuo con Dio, la preghiera ai santi, in particolare a Santa Rita, riusciva con tangibile efficacia ad aiutare i bisognosi. Si è già ricordato come di prima mattina andasse in cerca di erbe curative e rimedi naturali che consigliava ai malati, procurando loro la guarigione. Ma perlopiù si era convinti che le guarigioni giungessero grazie all’intercessione della sua preghiera o della venerata Santa Rita: medicine ancora più potenti, medicine ‘celesti’, che subito placavano le sofferenze.
Don Rodolfo era d’altronde considerato un valente esorcista e come tale continuamente a contatto con le forze oscure e il maligno. Questa fama, come succede, era tale da suscitare diffidente sospetto anche tra i sacerdoti.
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