Nicanore Grisanti
(1916-2005) Testimonianza tratta da Diario di Nicanore Grisanti Milano
Siamo nel 1952, anno in cui gli affari di mio nonno vanno a gonfie vele e mia nonna aspetta la quarta creatura, Anna. Ad offuscare la felicità subentra una grave malattia del nonno materno che, proprio nel momento culminante della gravidanza della nonna Rita, viene a mancare. Questo drammatico evento, insieme alle vicissitudini legate all’eredità e alla sofferenza del parto, portano la nonna ad una grave prostrazione a tal punto che dovrà essere ricoverata in ospedale. In questo modo il nonno si trova in una situazione molto difficile: la moglie in ospedale, i quattro figli a cui trovare una temporanea sistemazione, una tabaccheria da vendere per ottemperare alle varie necessità.
Da due cari amici e confratelli nella fede (Berto e Diomira), il nonno viene a sapere che vicino a Mantova vi era un prete guaritore molto bravo, così si fa dare l’indirizzo e va a trovarlo: è don Rodolfo Ridolfi. Ecco il suo racconto:
Poi ritornai a Venezia e misi in vendita la tabaccheria, ma nessuno la voleva; lo zio Tonino (a mia insaputa) fece persino inserzione sul Corriere della Sera, ma niente da fare, poi una sera parlando con Berto e sua sorella Diomira (carissimi amici e colleghi di lavoro tabaccai), mi dissero che vicino a Mantova vi era un prete molto bravo e un guaritore e mi diedero l'indirizzo e andai a trovarlo, era don Rodolfo Ridolfi.
Appena mi vide mi salutò così: “Ecco qui il mago Merlino che viene ad interrogare un povero prete di campagna”, riferendosi alla mia giovinezza quando facevo le carte e leggevo la mano. E dopo essermi confessato lo misi al corrente di tutti i miei problemi. Mi disse che avrei venduto la tabaccheria e mi sarei riappacificato con Ferruccio, solo così la mamma sarebbe guarita.
Ritornato a casa, tuo zio Tonino che come già ti dissi era anarchico, mi rimproverò dicendo che i preti mi avrebbero mangiato anche le ... e che dovevo rassegnarmi e stringere i denti e sopportare. Al che risposi [a Tonino]: “Sì, ma quel prete mi ha assicurato la vendita della tabaccheria” - Qui è bene dire che lui non aveva indicato un termine - ma io non so perché dissi: “Al 26 giugno festa di San Rodolfo”. E lui di rimando: “Ed io se s'avvera mi vado a confessare e convertire”.
Eravamo ai primi di giugno. Cominciai a pregare il Sacro Cuore e pulire la tabaccheria, e i giorni passavano, ma niente in vista, ed a poco a poco arrivò il 25: nessuno; io avevo la febbre e continuavo a bere, mentre
“Chi è?” risponde. Ed io: “Sono il tabaccaio di Venezia”. “Oh Dio sia Benedetto; ho pregato tanto ero disposto anche a perdere l'assegno perché mia moglie non vuole venire ad abitare a Venezia”. E così rendendogli il suo assegno guadagnai il raddoppio della caparra e riprendendo il treno per Venezia arrivai in tabaccheria che mancava un quarto alla mezzanotte.
Durante il pranzo, papà, mamma e Tonino erano assenti perché erano a Recoaro, don Rodolfo propose: “Perché non venite a passare una mezza giornata a Pellaloco?”. E quasi simultaneamente tutti dissero: “Magari. Ma come si fa, non abbiamo automobili”. Ed egli: “Ci pensa il mago Merlino vedrete che ce la farà”. Ed intuendo a chi si riferiva io risposi: “E come?”. “Ti prendi un pullman e così impari un altro mestiere, l'organizzatore di viaggi; d'accordo?”. “D'accordo”. “Il 15 di agosto vi aspetto”. E così fu.
Quel ferragosto passammo una meravigliosa giornata di quelle che ti si stampano sulla mente e nel cuore. Prima a Pellaloco e poi alle Grazie, il santuario di Mantova, tutta tra orazioni canti, e così in mezzo a tutta quella santa gente, anche Tonino, papà e mamma che non avevano mancato quell'occasione, si preparavano a convivere con la Chiesa. Si confessarono tutti tre e fecero pace con Dio.
Naturalmente, purtroppo ricaddero nel peccato, sai è difficile a vincere il demonio, specie sto parlando di mio fratello, per uno che già da quando aveva 10 anni era nella setta anarchica, non abbiamo mai saputo chi ve lo introdusse, ma, Tonino, non era un bambino come gli altri; lui non giocava con i suoi coetanei e stava sempre con gli adulti e benché si iscrisse ai giovani fascisti, per non fare ritirare la licenza dei tabacchi e di albergatrice alla mamma, lui già da quando era piccolo era anticlericale e antifascista.
Però sei anni dopo – apro una parentesi – da Padre Pio si riconvertì definitivamente e successivamente fece una morte edificante e ti basti pensare, che nel giorno del decesso, alle ore 10 vide che stavano a venirlo a trovare due dei suoi vecchi amici e disse alla nonna Rosolina: “Non farli entrare assolutamente che quelli son capaci di bestemmiare anche davanti a un moribondo, ma io non sono più uno di loro, io sono di Dio”. E alle ore 18 spirò.
Partii come un razzo e feci come la signora m'aveva detto, non avevo bisogno della cipolla per piangere e supplicai tanto la mamma di Padre Pio di non farmi partire per tornare a casa, senza aver ottenuto la grazia; poi di corsa in salita tutto il ritorno sino al convento, era l'ora che il Padre si ritirava ed aveva attorno almeno cento persone, ed io con una forza soprannaturale riuscii ad arrivare ai suoi piedi e piangendo in ginocchio glieli strinsi, li accarezzai e li baciai; ed egli: “Ma che fai figlio mio? Sùsate, sùsate! [‘alzati, alzati’]. Ma che vuoi?”. “La grazia Padre, la grazia!”; ed egli: “E la grazia avrai”.
E lui: “É necessario che tu ritiri Rita da Arcugnano e la porti a Milano anche per esserle più vicino”. “Ma come faccio in quello stato a rimuoverla?”. “Non ti preoccupare io ti accompagnerò e tutto andrà bene, lei ti seguirà come un agnello”. E così fu; andai a prendere Rita ad Arcugnano, viaggiammo in prima classe per non essere disturbati e arrivati in stazione Centrale; andammo in albergo, mangiammo e poi andammo a dormire e all'indomani la portai a Cesano Boscone, la presentai alla Madre Superiora che mandò a chiamare i bambini, ma non riconobbe nessuno.
Allora la Superiora disse: “La lasci qui da noi, siamo attrezzati anche per ricoveri, domenica mattina abbiamo l'inaugurazione di un reparto speciale per malattie mentali, verranno tanti specialisti in psichiatria, le prometto che la farò visitare dai migliori medici gratuitamente, e lei potrà assisterà alle loro visite”. E così fu.
Presi un taxi, gli dissi dove doveva portarmi e come se avessi un angelo dietro la schiena che mi parlasse dissi al taxista: “Senta mettiamo gli orologi sincronizzati e poiché temo che non mi vogliano dare la moglie indietro (perché prendevano 100.000 al giorno e gli spiaceva senz'altro perdere un boccone così bello) ogni quarto d'ora suoni il clacson e se io non m'affaccio alla finestra vada a chiamare i carabinieri per dire che mi tengono sequestrato”. Poi gli diedi una bellissima mancia ed entrai.
Terminata la Sacra Funzione disse a voce alta alla signora: “Domani stesso suo fratello andrà all'ospedale a fare il controllo, prima a Venezia, poi a Padova e troverà una completa guarigione. Si sposerà con sua cognata, la vedova del fratello, sarà trasferito dalla banca perché il suo posto è stato occupato da un’altra persona e purtroppo dovrà soffrire di un’artrite cervicale per un paio di anni a causa delle sue offese, signora, gratuite ad un ministro di Dio, che vi aveva fatto solo del bene e salvato dalla disperazione”.
Qualche volta ditegli una preghiera di cuore che se l'è meritata.
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